Consulenza: Al Cliente Fai Scegliere O Decidere?

19 aprile 2024


Qual è la differenza tra “scegliere” e “decidere”?

I due concetti possono all’apparenza sembrare sovrapponibili, ma tra loro vi è un’enorme distanza, vediamoli esplosi in una semplice matrice:

Un’ottima esemplificazione è racchiusa nella metafora del menù del ristorante. Se devo “scegliere” dal menù non necessito di molto tempo, il mio obbiettivo è meramente “mangiare in modo gradevole” e non necessito di alcuna conoscenza di come i piatti sono sviluppati né di conoscenze culinarie particolari. 


Se devo “decidere” il menù, beh, qui le cose si complicano. 


Necessito innanzitutto del tempo necessario per apprendere come costruirlo e renderlo adatto al mio target, inoltre devo possedere almeno una buona conoscenza delle materie prime e del loro impiego. Il mio obbiettivo c’è, ma questa volta è fare in modo che quel menù soddisfi appieno la mia clientela.


Si comprende facilmente come gli elementi valoriali contenuti in questi due concetti siano estremamente differenti, e come sia più complesso ed impegnativo semplificare il processo decisionale.


Se fai “l’assicuratore” quale valore vuoi portare al tuo cliente?


Quando incontri un cliente dovresti aver ben chiaro qual è il tipo di valore che gli stai portando, e questo a prescindere da quale sia l’aspettativa del tuo interlocutore; stupire in positivo qualcuno può essere un “effetto wow” dirompente in termini di risultato, viceversa il “deludere” è quasi sempre un vicolo cieco.


Se il tuo cliente di mestiere fa l’imprenditore sai bene che il suo mestiere ogni santo giorno è “decidere”, non “scegliere”. 

All’imprenditore piace decidere perché, pur sapendo che è sempre la via più onerosa in termini di impegno, sa anche che è quella che porta con sé maggior soddisfazione e, soprattutto, valore aggiunto.


Allora perché invece di mettergli davanti scelte di natura tecnica assicurativa o l’ennesimo “nuovo fantastico prodotto”, delle quali

  • Non conosce nulla (e quindi non sa orientarsi)
  • Si trova costretto a “scegliere” sul prezzo, ovvero a fare un’attività mentale in distonia con il proprio modus operandi

non creargli un percorso decisionale lavorando su dati certi della propria impresa e costruendo scenari di rischio realistici e informati?


Pensaci: se può decidere ha in mano il timone e TU sei il professionista che gliel’ha portato e che conosce i dettagli di come muoverlo; ai suoi occhi sarai un po’ più importante del cameriere che porta il menù per scegliere la cena, non credi?


Come farlo?


Creare un modello di analisi e reporting dei rischi non è semplice, ci vogliono anni, conoscenze e un collegamento a molte banche dati afferenti i vari rischi che si vanno a identificare e trattare.


Oggi però c’è un metodo unico sul mercato, sviluppato sulla base della linea guida ISO31000 e progettato da professionisti certificati in risk management, che può darti in pochi clic la risposta per mettere a terra le tue competenze e mettere il tuo cliente nella posizione (finalmente, dirà lui) di decidere con consapevolezza, sul come acquistare le coperture assicurative.


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Autore: Nicola Massagrande 8 novembre 2024
Al cliente è meglio raccontare una buona bugia o una cattiva verità? Dipende. Da cosa? Dall’obbiettivo che abbiamo e dal ruolo che rivestiamo. La buona bugia è la bugia “bianca” del venditore, del piazzista, quell’affermazione che sta nel mezzo e che non fa male a nessuno ma che aiuta l’interlocutore a spostare il focus, a cambiare il punto di vista della nostra obiezione senza mai contraddire. La cattiva verità è quella del consulente, la verità che può sembrare scomoda sino a sfiorare l’inappropriatezza ma che invece nutre la consapevolezza e lo stimolo a ricercare soluzioni per migliorare o per risolvere determinate mancanze. Nel finanziamento dei rischi puri, ovvero il mestiere dei “consulenti” e l’incubo dei “distributori di noccioline”, le cattive verità sono i “tombini aperti”, sono i rischi che gli assicuratori non vogliono e non finanziano per nessun premio al mondo. Sono le cose che non funzioneranno. Per un amministratore d’azienda conoscere i tombini aperti ha il medesimo, e forse anche maggiore, valore del conoscere una copertura. Perché? Perché compensa il difetto di diligenza che tale soggetto avrebbe nell’ignorarlo (nel senso di non conoscerlo), e tale ignoranza spesso altro non è che l’esito dell’asimmetria informativa che nutre la vendita. Quale venditore evidenzia al proprio interlocutore tutte le cose che il proprio prodotto NON fa? Lasciamo al lettore l’ovvia risposta. Se vogliamo ignorare la realtà possiamo continuare, come intermediari, a distribuire perpetrando un’asimmetria informativa congenita che si rifletterà, pregiudicandolo, sul dovere di diligenza cui gli amministratori d’azienda sono tenuti per legge. Vuoi trasferire VERO valore? I clienti cercano chiarezza e soluzioni alle proprie esigenze e sanno benissimo che senza un “traduttore” che sia dalla loro parte questo risultato non lo otterranno semplicemente “cercando” sul mercato una soluzione o affidandosi a venditori/distributori. Gli imprenditori/amministratori di aziende cercano modelli organizzativi (che per loro sono cogenti ex art. 2086 comma II c.c.) che possano supportare in modo proattivo le loro decisioni, senza subire condizioni di finanziamento dei rischi (leggi: contratti di assicurazione) senza un’attenta analisi dei propri fondamentali economici e dei profili di esposizione ai rischi puri. Con Insurance Advisor hai decine di elementi di valore da mettere sotto gli occhi dei tuoi clienti e che puoi utilizzare per portarne a casa di nuovi, lavorando sui DATI e sulle COMPETENZE che la piattaforma ti mette sul tavolo, rendendoti UNICO per i tuoi assicurati.  Fai come altri centinaia di colleghi in tutta Italia: ottieni qui la tua DEMO
Autore: Nicola Massagrande 4 ottobre 2024
Il cambiamento climatico sta impattando notevolmente sulle frequenze e sugli impatti di eventi che fino a 15 anni fa potevano ritenersi di natura “rara”. Essendo il rischio, nella sua qualificazione matematica, risultante dal prodotto di probabilità ed impatto, ne consegue l’incremento deciso di severità con riferimento agli scenari afferenti gli eventi naturali.  Proviamo a fare un po’ d’ordine:
Autore: Massagrande Nicola 4 settembre 2024
La consulenza assicurativa a che serve? È un’attività utile? È remunerativa per il professionista che la mette in atto? Saprai di certo che la I.D.D., la direttiva europea sulla distribuzione assicurativa qualifica l’intermediario di assicurazione come - letteralmente - un “distributore”. Per distribuire i prodotti egli deve attenersi a ciò che viene indicato dal “produttore”, ovvero nella maggior parte dei casi la Compagnia. Il processo che racchiude, tra le altre cose, gli obblighi di vigilanza in merito al mercato di riferimento (positivo e negativo) cui il produttore ha inteso riferirsi per la costruzione e la necessaria adeguatezza del suo prodotto è il P.O.G. (Product oversight governance). Quindi, ricapitolando: “tu mi dici quello che devo fare, e io lo faccio”. Finito qui? No di certo. La stessa I.D.D. ha aperto la possibilità di effettuare, a cura dell’intermediario e su base anche retribuita, dei servizi di supporto e consulenza finalizzati a fornire maggiori e più complete informazioni sull’adeguatezza del trasferimento del rischio applicabile al cliente. Ora, tale possibilità può cambiare la percezione che il cliente ha del proprio intermediario o è la solita fuffa per mettere un po’ di “innovazione” in un settore governato dai dinosauri? Dipende. Così come le dinamiche economiche del mercato stanno polarizzando le realtà dell’intermediazione (A e B del R.U.I.) tra accorpamenti in giganti del brokeraggio e piccole “gemme” agenziali, anche i servizi ad alto valore aggiunto contribuiranno sempre più a polarizzare il mercato tra distributori e consulenti. Proviamo a fare un identikit dei due soggetti.
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