Pregiudizi Cognitivi E Consulenza Assicurativa

Massagrande Nicola • 10 marzo 2023

Cosa devi assolutamente conoscere per affrontare con serenità e competenza le obiezioni dei tuoi clienti, quando sono affette da distorsioni cognitive.

I bias cognitivi sono costrutti basati su percezioni errate o deformate, su pregiudizi e ideologie; utilizzati spesso per prendere decisioni in fretta e senza fatica. Si tratta, il più delle volte di errori cognitivi che impattano nella vita di tutti i giorni, non solo su decisioni e comportamenti, ma anche sui processi di pensiero.


Nel mestiere del consulente assicurativo ci troviamo quotidianamente ad avere a che fare con valutazioni e argomentazioni consistenti nel far emergere in successione talune esigenze di trasferimento finanziario di un certo rischio ad un certo tipo di cliente. A seconda delle competenze e del background culturale di tale cliente cerchiamo di tarare la comunicazione in funzione di un obbiettivo di “ricalco” in grado di ottenere i semafori verdi per farci ascoltare e comprendere.


Fin qui, tutto ok.


Entrando più a fondo nella disamina di una trattativa “tipo” ci troviamo spesso di fronte alcune obiezioni comprensibili ma di certo non rappresentanti né la realtà da un punto di vista logico, né foriere della corretta strategia di gestione del rischio; il cliente, in sostanza, è vittima di alcuni bias cognitivi soggettivi che lo portano (volente o nolente) a conclusioni erratiche, talvolta “pericolose”.


Cerchiamo di intercettare le principali, con diretto riferimento al nostro ambito di competenza:


Bias dell’ottimismo: espresso da frasi del tipo “qui non è mai successo niente”, “qui rischio non ne abbiamo”, “se è andata bene fino ad adesso…”, spingono il nostro interlocutore a far affidamento in modo spregiudicato e del tutto illogico ad un ottimismo frivolo. Le scienze sociali concordano nel ritenere l’essere umano più “ottimista” che “realista”; pensa che diversi studi hanno dimostrato come le persone sottostimino la possibilità di divorziare, di perdere il lavoro, di ammalarsi di cancro mentre sovrastimino la propria aspettativa di vita di oltre 20 anni. L’effetto di un tale bias nella trattativa per la decisione sull’acquisto, o meno, di una polizza di assicurazione è davvero rilevante. L’antidoto, in questo caso, può consistere nel fare affidamento a dati concreti derivanti da fonti affidabili (come ad esempio l’utilizzo di notizie dai media o di software in grado di fornire dati sul rischio del tutto asettici e privi di fraintendimenti)


Bias della frequenza: riconoscibile da frasi del tipo: “siamo sempre più soggetti a fenomeni elettrici” oppure: “ormai le cadute dall’alto dei dipendenti sono una vera piaga”. Dov’è l’errore? L’errore di valutazione è quello di credere che ci sia realmente un incremento nella frequenza di fenomeni elettrici o di cadute dall’alto solo perché è accaduto a noi; cioè tendiamo a sovrastimare la frequenza di informazioni che ci riguardano. A dove può portare questo bias? Può comportare, con vari livelli di gravità, a impegnare le energie e i costi nel analizzare e trasferire rischi che per probabilità e, soprattutto, magnitudo, non sono meritevoli di trattamento, buttando via tempo e soldi e spesso trascurando invece ciò che più conta! E’ per questo che la priorità di trattamento, quando si parla di rischi, dovrebbe essere valutata dopo un’attenta analisi di ponderazione rispetto a criteri soggettivi scelti accuratamente (vi sono strumenti in grado di aiutare l’intermediario nella predisposizione automatica di margini di impatto economici estratti dal bilancio)


Fallacia di Gabler: facile riconoscerla, ad esempio da frasi come: ”facciamo attenzione a quello, che è già successo”, oppure: ”su questo rischio non voglio franchigia, è già accaduto più e più volte”. In sostanza tale bias concerne la tendenza a dare rilevanza a ciò che è accaduto in passato, così che i giudizi attuali siano del tutto influenzati da tali eventi passati. Come è possibile immaginare, questo errore comporta notevoli conseguenze durante la costruzione di un programma assicurativo, in quanto il cliente tenterà (mentalmente) a volersi ricondurre sempre verso fatti già accaduti, trascurandone invece altri (a probabilità ben più bassa ma impatti – magari – devastanti).


Come abbiamo visto la nostra meravigliosa mente opera ed agisce quasi sempre in modo irrazionale, e per ricondurla alla logica più stretta – un terreno ove cresce rigogliosa la cultura del rischio – incorre molto spesso a pregiudizi erratici non volontari.

Per superare questi “errori” il primo passo è saperli riconoscere nelle discussioni con i nostri clienti e il secondo passo è mettere in campo strumenti che ci possano supportare nell’argomentare i rischi in modo analitico e logico.


Con Insurance Advisor, ad esempio, puoi costruire la tua consulenza personalizzata usufruendo di un modello di analisi dei rischi puri per PMI e CONDOMINI, adattando il tuo stile e usufruendo di algoritmi e big-data in grado di abbattere i bias più tenaci.



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Autore: Nicola Massagrande 8 novembre 2024
Al cliente è meglio raccontare una buona bugia o una cattiva verità? Dipende. Da cosa? Dall’obbiettivo che abbiamo e dal ruolo che rivestiamo. La buona bugia è la bugia “bianca” del venditore, del piazzista, quell’affermazione che sta nel mezzo e che non fa male a nessuno ma che aiuta l’interlocutore a spostare il focus, a cambiare il punto di vista della nostra obiezione senza mai contraddire. La cattiva verità è quella del consulente, la verità che può sembrare scomoda sino a sfiorare l’inappropriatezza ma che invece nutre la consapevolezza e lo stimolo a ricercare soluzioni per migliorare o per risolvere determinate mancanze. Nel finanziamento dei rischi puri, ovvero il mestiere dei “consulenti” e l’incubo dei “distributori di noccioline”, le cattive verità sono i “tombini aperti”, sono i rischi che gli assicuratori non vogliono e non finanziano per nessun premio al mondo. Sono le cose che non funzioneranno. Per un amministratore d’azienda conoscere i tombini aperti ha il medesimo, e forse anche maggiore, valore del conoscere una copertura. Perché? Perché compensa il difetto di diligenza che tale soggetto avrebbe nell’ignorarlo (nel senso di non conoscerlo), e tale ignoranza spesso altro non è che l’esito dell’asimmetria informativa che nutre la vendita. Quale venditore evidenzia al proprio interlocutore tutte le cose che il proprio prodotto NON fa? Lasciamo al lettore l’ovvia risposta. Se vogliamo ignorare la realtà possiamo continuare, come intermediari, a distribuire perpetrando un’asimmetria informativa congenita che si rifletterà, pregiudicandolo, sul dovere di diligenza cui gli amministratori d’azienda sono tenuti per legge. Vuoi trasferire VERO valore? I clienti cercano chiarezza e soluzioni alle proprie esigenze e sanno benissimo che senza un “traduttore” che sia dalla loro parte questo risultato non lo otterranno semplicemente “cercando” sul mercato una soluzione o affidandosi a venditori/distributori. Gli imprenditori/amministratori di aziende cercano modelli organizzativi (che per loro sono cogenti ex art. 2086 comma II c.c.) che possano supportare in modo proattivo le loro decisioni, senza subire condizioni di finanziamento dei rischi (leggi: contratti di assicurazione) senza un’attenta analisi dei propri fondamentali economici e dei profili di esposizione ai rischi puri. Con Insurance Advisor hai decine di elementi di valore da mettere sotto gli occhi dei tuoi clienti e che puoi utilizzare per portarne a casa di nuovi, lavorando sui DATI e sulle COMPETENZE che la piattaforma ti mette sul tavolo, rendendoti UNICO per i tuoi assicurati.  Fai come altri centinaia di colleghi in tutta Italia: ottieni qui la tua DEMO
Autore: Nicola Massagrande 4 ottobre 2024
Il cambiamento climatico sta impattando notevolmente sulle frequenze e sugli impatti di eventi che fino a 15 anni fa potevano ritenersi di natura “rara”. Essendo il rischio, nella sua qualificazione matematica, risultante dal prodotto di probabilità ed impatto, ne consegue l’incremento deciso di severità con riferimento agli scenari afferenti gli eventi naturali.  Proviamo a fare un po’ d’ordine:
Autore: Massagrande Nicola 4 settembre 2024
La consulenza assicurativa a che serve? È un’attività utile? È remunerativa per il professionista che la mette in atto? Saprai di certo che la I.D.D., la direttiva europea sulla distribuzione assicurativa qualifica l’intermediario di assicurazione come - letteralmente - un “distributore”. Per distribuire i prodotti egli deve attenersi a ciò che viene indicato dal “produttore”, ovvero nella maggior parte dei casi la Compagnia. Il processo che racchiude, tra le altre cose, gli obblighi di vigilanza in merito al mercato di riferimento (positivo e negativo) cui il produttore ha inteso riferirsi per la costruzione e la necessaria adeguatezza del suo prodotto è il P.O.G. (Product oversight governance). Quindi, ricapitolando: “tu mi dici quello che devo fare, e io lo faccio”. Finito qui? No di certo. La stessa I.D.D. ha aperto la possibilità di effettuare, a cura dell’intermediario e su base anche retribuita, dei servizi di supporto e consulenza finalizzati a fornire maggiori e più complete informazioni sull’adeguatezza del trasferimento del rischio applicabile al cliente. Ora, tale possibilità può cambiare la percezione che il cliente ha del proprio intermediario o è la solita fuffa per mettere un po’ di “innovazione” in un settore governato dai dinosauri? Dipende. Così come le dinamiche economiche del mercato stanno polarizzando le realtà dell’intermediazione (A e B del R.U.I.) tra accorpamenti in giganti del brokeraggio e piccole “gemme” agenziali, anche i servizi ad alto valore aggiunto contribuiranno sempre più a polarizzare il mercato tra distributori e consulenti. Proviamo a fare un identikit dei due soggetti.
19 aprile 2024
Qual è la differenza tra “scegliere” e “decidere”? I due concetti possono all’apparenza sembrare sovrapponibili, ma tra loro vi è un’enorme distanza, vediamoli esplosi in una semplice matrice:
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